Noi, I ragazzi dello zoo di Berlino (🇬🇧 at the end)
“I pericoli dell’eroina e la fascinazione per un mondo di trasgressione”
Christiane F. è la voce narrante del libro Noi, I ragazzi dello zoo di Berlino. Il romanzo è frutto delle interviste di due giornalisti del settimanale tedesco Sterne, Kai Hermann e Horst Rieck.
Le interviste iniziarono nel 1975, quando Christiane aveva appena 12 anni e durarono fino al 1978.
Il titolo originale del libro è Wir, Kinder vom Bahnhof Zoo: questo titolo non fu casuale o frutto dell’immaginazione dei due giornalisti, poiché la Bahnhof Zoo era appunto il luogo dove di radunavano i tossicodipendenti di Berlino.
Le città europee degli anni ’70 furono segnate da un uso elevato di eroina. La droga spopolava principalmente tra le classi popolari e tra coloro che ne fanno uso c’erano ragazzi di nemmeno 15 anni. Il problema della droga portò allo sviluppo del mercato del sesso: i più giovani, pur di procurarsi una dose, cominciarono a prostituirsi e a rubare.
Nell’Italia degli anni ’70, l’eroina costava pochissimo ed è per questo che le classi popolari potevano permettersi questo tipo di droga, mentre le classi più abbienti, potendoselo permettere, facevano uso di acidi, erba, …
Nonostante questo problema fosse sotto gli occhi di tutti, il mondo della droga e dei drogati apparteneva agli adulti, che lo consideravano un tabù.
La storia di Christiane F. riuscì a sensibilizzare il mondo riguardo questo argomento, facendo aprire gli occhi del pubblico su questo mondo deprimente caratterizzato dall’indifferenza di molti, contribuendo a dare risonanza mediatica al mondo dell’eroina.
Christiane vive i primi anni della sua vita ad Amburgo. L’infanzia è caratterizzata dagli abusi del padre e dal successivo trasferimento, con la madre e la sorella, a Gropiusstradt un quartiere di Berlino.
Gropiusstadt era un quartiere di enormi casermoni tutti uguali e ricco di problematiche sociali. Proprio lì cominciarono ad emergere le prime difficoltà di Christiane, che la porteranno ad avere un equilibrio molto precario, equilibrio che viene messo in discussione dall’incontro con Kessi.
Kessi è la ragazza più popolare della scuola di Christiane ed insieme cominciano a frequentare un’associazione sociale luterana, dove a soli 12 anni, le ragazzine cominceranno a fare uso di LSD e Hashish.
Oltre al difficile divorzio dei genitori e l’arrivo di Klaus, il fidanzato della madre, il trasferimento della sorella con il padre, rende Christiane ancor più emotivamente instabile.
Comincia a frequentare la discoteca Sound, dove incontrerà Detlef, ed insieme a lui inizierà a fare uso di eroina: prima inalandola e dopo iniettandosela. La prima dose dopo un concerto di David Bowie.
Con Detlef comincia a frequentare la Bahnhof Zoo, a Berlino ovest, e insieme iniziano anche a prostituirsi per guadagnarsi soldi per l’eroina. Oltre a Detlef, Christiane ha anche delle amiche: Babsi e Stella. Babsi era il diminutivo di Babette Döge, che morirà a soli 14 anni a causa dell’eroina. È la vittima per droga più giovane dello scenario berlinese.
Christiane tenta più volte di disintossicarsi. Quel periodo è caratterizzato da una sofferenza sia fisica che emotiva, ma nonostante svariati tentativi di disintossicazione, ricade sempre nella dipendenza. Il punto di non ritorno si ha con la morte di Atzel e Axel.
La morte dei due ragazzi fa cadere la ragazza nel vortice della depressione più totale e per questo tenta il suicidio con un overdose.
Fortunatamente riesce a salvarsi e nel 1977 si trasferisce dalla zia nella campagna di Amburgo.
Il libro diventa un bestseller in tutta Europa e non solo. Nel 1981 esce il film tratto dal libro che vede Natja Brunckhors, una Lolita gotica, nei panni di Christiane. Non fu il primo film che trattava l’argomento della tossicodipendenza. Pochi anni prima negli USA uscì il film Alice e i giorni delle droghe, nonostante il tema fosse lo stesso, non riscosse lo stesso successo, anzi, venne definito privo di autenticità, mentre l’impronta documentaristica semplice e diretta della storia di Christiane, contribuì al grande successo del film.
La fortuna cinematografica fu favorita dalla presenza di David Bowie che contribuì alla colonna sonora del film.
Il finale venne contestato poiché si riteneva che lasciasse passare il messaggio che alla fine, uscire da questo tunnel, non è poi così difficile.
La grande popolarità del film e anche del libro, ebbero delle ripercussioni sulla stabilità emotiva di Christiane, che, all’età di 25 riprese a fare uso di eroina.
Adesso Christiane è madre ed è uscita definitivamente dal tunnel della droga, anche se il passato le ha causato non pochi problemi a livello fisico.
La trama è crudissima e non lascia niente all’immaginazione, ma anzi contribuisce a sviluppare una certa consapevolezza per quanto riguarda il mondo delle droghe.
Il libro, essendo l’autobiografia di Christiane, parla di tutta la sua adolescenza. Ed è proprio dal libro che emerge il contrasto tra l’innocenza di Christiane e del suo fidanzato, Detlef, rispetto al mondo in cui si trovano catapultati.
La protagonista racconta della sua prima volta con Detlef. Il ragazzo abitava insieme ad altri amici in un appartamento degradato, con siringhe sparse ovunque, schizzi di sangue sulle pareti e sporcizia, ma in tutto questo degrado, si preoccupa di cambiare le lenzuola al letto, per far trovare a Christiane uno spazio il più immacolato possibile, quasi come se si volesse preservare quel poco di innocenza che è rimasta ai due adolescenti.
È proprio il fatto che siano giovanissimi che desta ancora più scalpore. A soli 15 anni, Christiane aveva provato ogni tipo di droga che si potesse trovare in circolazione, ma ammette che la sua più grande dipendenza era proprio Detlef.
È per farsi accettare da lui che, infatti, comincia a far uso di eroina. Sicuramente la situazione familiare non ha contribuito a dare stabilità alla ragazza, che non è mai stata preparata ad affrontare il mondo.
In realtà ciò che lega Christiane a Detlef è la droga. Quando la ragazza è pulita, capisce che non c’è nessun feeling tra lei e il fidanzato, perciò sceglie di bucarsi ancora, e ancora, e ancora… proprio perché non vuole perdere l’unico contratto umano presente nella sua vita.
Il rapporto con la madre è pressoché inesistente e solo quando la situazione arriverà ad essere ingestibile, la madre si troverà davanti ad un bivio: continuare ad ignorare il problema o affrontarlo.
(Link al film: Noi, i ragazzi dello zoo di Berlino (1981))
Il libro come il film sono di un’attualità disarmante. La noia e la mancanza di valori sono gli stessi che caratterizzavano la Berlino degli anni ’70. In quegli anni la città era ancora divisa tra una parte capitalista e una parte comunista, ed è proprio questo divario che la renderà il centro della controcultura giovanile.
Noi, i ragazzi dello zoo di Berlino non è solo il grido d’aiuto di una giovane ragazza, ma un vero e proprio manifesto sulla droga e di come una solitudine inguaribile possa portare alla dipendenza.
- Giulia Badii
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English version:
Christiane F. is the narrator of the book "Us, The Berlin Zoo Kids". The novel is the result of interviews by two journalists from the German weekly Sterne, Kai Hermann and Horst Rieck.
The interviews began in 1975, when Christiane was just 12 years old and lasted until 1978.
The original title of the book is Wir, Kinder vom Bahnhof Zoo: this title was not accidental or the result of the imagination of the two journalists, because Bahnhof Zoo was precisely the place where the Berlin drug addicts gathered.
European cities of the 1970s were marked by a high use of heroin. The drug was popular mainly among the working classes and among those who used it, there were children under 15 years of age. The drug problem led to the development of the sex market: the younger ones, in order to get a dose, started to prostitute themselves and steal.
In Italy in the 70s, heroin was very cheap and that's why the working classes could afford this kind of drug, while the wealthier classes, since they could afford it, used acids, weed, ...
Despite the fact that this problem was in front of everyone's eyes, the world of drugs and drug addicts belonged to adults, who considered it a taboo.
Christiane F.'s story succeeded in making the world aware of this issue, opening the public's eyes to this depressing world characterized by the indifference of many, contributing to the media resonance in the world of heroin.
Christiane lived the first years of her life in Hamburg. Her childhood is characterized by her father's abuse and the subsequent move, with her mother and sister, to Gropiusstadt, a district of Berlin.
Gropiusstadt was a district of huge barracks all the same and full of social problems. It was there that Christiane's first difficulties began to emerge, which led her to have a very precarious balance, a balance that was challenged by her meeting with Kessi.
Kessi is the most popular girl in Christiane's school and together they began to attend a Lutheran social association, where at only 12 years old, the girls started to use LSD and Hashish.
In addition to the difficult divorce of the parents and the arrival of Klaus, the mother's boyfriend, the transfer of her sister with her father, makes Christiane even more emotionally unstable.
She starts attending the disco Sound, where she meets Detlef, and together with him she starts using heroin: first inhaling it and then injecting it. The first dose after a David Bowie concert.
With Detlef she starts attending the Bahnhof Zoo in West Berlin and together they also start to prostitute themselves to earn money for heroin. Besides Detlef, Christiane also has friends: Babsi and Stella. Babsi was short for Babette Döge, who will die at the age of 14 because of the heroine. She is the youngest drug victim in the Berlin scenario.
Christiane tries several times to detoxify herself. That period is characterized by both physical and emotional suffering, but despite several attempts at detoxification, she always falls back into addiction. The point of no return comes with the death of Atzel and Axel.
The death of the two boys causes the girl to fall into the vortex of total depression and for this reason she attempts suicide with an overdose.
Luckily she manages to save herself and in 1977 she moves in with her aunt in the Hamburg countryside.
The book becomes a bestseller throughout Europe and beyond. In 1981 the film based on the book is released and sees Natja Brunckhors, a gothic Lolita, as Christiane. It was not the first film to deal with the subject of drug addiction. A few years earlier the film Alice and the Days of Drugs was released in the USA, although the theme was the same, it was not as successful, on the contrary, it was defined as lacking authenticity, while the simple and direct documentary imprint of Christiane's story contributed to the great success of the film.
The cinematic fortune was favoured by the presence of David Bowie who contributed to the soundtrack of the film.
The ending was disputed because it was believed to let the message pass that in the end, getting out of this tunnel is not so difficult.
The great popularity of the film, and also the book, had repercussions on Christiane's emotional stability, who, at the age of 25, was using heroin.
Now Christiane is a mother and has come out of the drug tunnel for good, even though the past has caused her quite a few physical problems.
The plot is very raw and leaves nothing to the imagination, but rather helps to develop a certain awareness of the world of drugs.
The book, being Christiane's autobiography, talks about her whole adolescence. And it is precisely from the book that the contrast between Christiane's innocence and that of her boyfriend, Detlef, emerges with respect to the world in which they find themselves catapulted.
The protagonist tells of her first time with Detlef. The boy lived with other friends in a degraded apartment, with syringes scattered everywhere, blood splashed on the walls and dirt, but in all this degradation, he takes care to change the sheets at the bed, to make Christiane find a space as immaculate as possible, almost as if he wanted to preserve what little innocence the two teenagers have left.
It is precisely the fact that they are very young that causes even more sensation. At only 15 years old, Christiane had tried every kind of drug that could be found in circulation, but she admits that her biggest addiction was Detlef.
It was to get him to accept her that she started using heroin. Surely the family situation did not help to give stability to the girl, who was never prepared to face the world.
In reality, what links Christiane to Detlef is drugs. When the girl is clean, she understands that there is no feeling between her and her boyfriend, so she chooses to shoot up again and again and again... precisely because she doesn't want to lose the only human contract in her life.
The relationship with her mother is almost non-existent and only when the situation becomes unmanageable, the mother will find herself at a crossroads: continue to ignore the problem or face it.
(Link to the film: Us, the kids from the Berlin Zoo (1981))
The book, like the film, is disarmingly topical. The boredom and lack of values are the same that characterized Berlin in the 1970s. In those years, the city was still divided between a capitalist and a communist part, and it is precisely this gap that will make it the centre of youth counterculture.
Us, the kids of the Berlin Zoo, are not just a young girl's cry for help, but a real manifesto about drugs and how incurable loneliness can lead to addiction.
-Giulia Badii
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